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Su un fianco disteso, la luce lentamente bagna le mie palpebre che si aprono dolcemente al nuovo mattino, che brilla sul comò, subito dopo il cuscino sul quale è posato il mio capo. Piccoli e tenui raggi di sole entrano a darmi il buongiorno superando con coraggio giocoso lo sbarramento delle tapparelle. Il pensiero positivo che appena sveglio ed ancora affondato nel letto, mi offre suggestioni poetiche, deve essere una conseguenza del fatto che sono ancora vivo. Il lato negativo della vicenda è che il dolore al costato inizia a cantare forte non appena provo ad alzarmi per sedermi sul letto. Bene sono mezzo vivo penso tra me e me e mi scappa un sorrisetto. Mi sollevo aiutandomi con le mani e raggiungo in pochi passi la finestra. Provo a vedere attraverso le tapparelle, i cui spazi vuoti sono allargati dalle mie dita. Scorgo una macchina in più che ieri non c’era ancora, il cortile sembra vuoto e senza un’anima. Le poche palme verdi e gialle stanno per maturare qualche cocco e il sole segna almeno le 9 del mattino. Mi dirigo verso il bagno. Alzo gli occhi allo specchio, poggio le mani sul lavello e mi fisso. Questo è un rituale che penso eseguano in molti. Ci parlo spesso con l’uomo riflesso in quello specchio pieno di gocce, ingiallito ed usurato dal tempo. Ho una faccia niente male. Il piccolo taglietto che mi sono procurato al sopracciglio mi fa un cattivo affascinante Ma adesso non c’è tempo. Presto arriveranno o almeno è quello che ho imparato nei film di mafia e polizieschi. Il fianco è la parte meno eccitante di questa esperienza e se esco vivo di qui scriverò un best-seller.
Mi lavo il viso rapidamente e mi metto la camicia. Prendo la pistola che mi canta la ninna nanna da sotto il cuscino la notte. La infilo sotto la camicia incastrata nel retro dei jeans. Controllo di non aver lasciato nulla ed esco.Occhiali da sole sono un improvvisata e non li avevo quasi mai usati. Mi avvicino alla BMW che ho preso in prestito da qualcuno che pareva fosse uscito da un consiglio di amministrazione. Vi chiederete perché ho nel sangue sonorità jazz e perché parlo quasi in versi. La realtà è che non ho fatto sempre il delinquente, forse sono stato sempre un ribelle, questo si. Ma non è tutta colpa mia se mi sono beccato un colpo nel costato che continua a sanguinare, nonostante la giubba arrotolata a mo di emostatico. Ogni marcia ingranata con forza dalla mano che un tempo scriveva, scatena il motore impazzito di questa macchina sportiva che grida la sua passione per la velocità. Il motel affacciava direttamente sulla strada statale che collega il Colorado con il Texas. Una volta sopra non c’è via di uscirne, puoi solo continuare fino alla tua meta oppure puoi scegliere di perderti nel deserto. Questo bolide mangia ingordo quasi 200 Km all’ora. Il cammino è solitario, costeggiato da un infinito scenario naturale di pianure semi-desertiche ed incorniciato da montagne e piccoli canyon. Il cielo è terso, puro e di un celeste chiaro e rasserenante. Scopro che questo diabolico modellino prevede di scoperchiarsi a permettermi di godermi la nudità dell’abitacolo. Mi sento ubriaco di entusiasmo ed il vento che schiaffeggia a colpetti continui il mio viso indurito, irrompe a diffondere in tutto il mio corpo quel fresco sogno di libertà. Lo respiro a pieni polmoni, lentamente.. Il sole segna le 9 del mattino e senza volervi imporre un clichè, devo essere a Dallas domani alle 14. Sono preoccupato ed è colpa mia se sono finito in questa illogica spirale omicida. Mi vogliono morto e mentre le route continuano a tagliare come burro l’asfalto, scivolando di fatto sulla strada che forse mi porterà ad un compromesso, i minuti passano e scandiscono i miei timori.

Questo è il primo capitolo de “I Meravigliosi Colori dell’ Autentica Esistenza“, libro scritto da Marco Nisida e pubblicato a puntate su “I Blogs di Marco Nisida”.

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